Il reporting di sostenibilità, introdotto per le aziende europee con la Direttiva UE 95/2014, rappresenta ad oggi, nel panorama internazionale della rendicontazione, il punto iniziale di un percorso in continua evoluzione e che vuole assolvere a numerose sfide, prima tra tutte la gestione integrata di informazioni non finanziarie, strutturate in un framework che possa essere il più esaustivo possibile, da affiancare alle classiche rendicontazioni finanziarie di Bilancio.
La Direttiva sulla Dichiarazione non Finanziaria (DNF) del 2014 si propone di modificare la normativa vigente a livello europeo in materia di contabilità, ponendosi come fine il miglioramento della trasparenza delle aziende corporate su questioni sociali, ambientali e di gestione.
Per la prima volta, dal 2014, si passa a istituire “obblighi” per tali realtà imprenditoriali, che non si trovano più a fare disclosure su tematiche ESG su base volontaristica, ma sono chiamate a presentare pubblicamente le informazioni richieste dall’anno 2017, se rientranti nel perimetro di aziende con stato patrimoniale maggiore di 20 milioni di euro e fatturato annuo maggiore di 40 milioni, avendo in corso d’anno una media superiore ai 500 dipendenti.
Quali sono le informazioni non finanziarie?
La normativa, nota a livello internazionale nota anche come “Non Financial Reporting Directive” (NFRD), chiama istituzionalmente le grandi aziende e gli enti di interesse pubblico del panorama europeo a tener conto di obblighi di rendicontazione, relativamente a quattro aree tematiche principali, schematizzabili in:
- Impatti ambientali, considerando anche le emissioni prodotte e la loro classificazione in Scope 1, Scope 2 e Scope 3;
- Problematiche di tipo sociale e riguardanti la gestione dei dipendenti;
- Rispetto dei diritti umani;
- Corruzione e riciclaggio.
L’esigenza della normativa, con la conseguente emanazione del 2014 e attuazione dal 2017, nasce da ragioni di diversa natura, quali legislative, che devono sempre più essere concordi con le linee guida internazionali che mirano ad uno sviluppo economico sostenibile, oppure di rendicontazione riguardanti la limitatezza di aziende che fanno disclosure e rendono disponibili informazioni qualitative, che misurano l’impatto sul tessuto sociale e ambientale delle attività produttive, come anche la loro scarsa comparabilità e l’insufficiente grado di diversificazione presente nei board, a livello di genere, età, nazionalità e altri criteri.
Con il dichiarato obiettivo di migliorare la trasparenza, la rilevanza, la coerenza e la comparabilità delle informazioni non finanziarie pubblicate dalle imprese e di sensibilizzare crescentemente gli organi di controllo aziendali e le Istituzioni, il framework della DNF prende spunto dai GRI, quali standard di rendicontazione internazionali prevalentemente utilizzati, ma non definendo legislativamente uno standard univoco, così da lasciare libertà di scelta alle aziende sull’identificazione dei temi e sulla loro misurazione, tramite indicatori appositi, stimolando così anche la nascita di best practises.
Come requisito minimo è richiesto alle aziende di presentare una dichiarazione sui temi ambientali, sociali e attinenti al personale, nonché al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, materialmente rilevanti per l’attività dell'impresa, nella misura necessaria ad assicurare la comprensione e la sostenibilità della stessa nel lungo periodo.
Nella valutazione sono da considerare unitamente l’andamento, i risultati e l'impatto prodotti, descrivendo almeno:
- il modello aziendale di gestione e organizzazione delle attività dell'impresa;
- le politiche e i risultati conseguiti tramite di esse e i relativi indicatori fondamentali di prestazione;
- i principali rischi, generati o subiti, connessi ai suddetti, includendo le azioni di mitigazione.
Cosa deve contenere la DNF
Generalmente, le informazioni possono essere fornite secondo standard di rendicontazione riconosciuti, come ad esempio i GRI standard sopra accennati, oppure tramite una metodologia di rendicontazione autonoma, sviluppata internamente all’azienda, raccomandando in ogni caso di:
- eseguire un raffronto con gli esercizi precedenti;
- fare riferimento alle voci e agli importi principali contenuti nel Bilancio, ove opportuno;
- esplicitare e far menzione dello standard di rendicontazione adottato, dove in caso di metodologia autonoma la scelta deve essere motivata e la metodologia descritta nella DNF in maniera articolata;
- utilizzare indicatori di prestazione rappresentativi dei quattro ambiti richiesti dalla normativa e coerenti con l'attività svolta e con gli impatti ESG prodotti, corredati di quante più possibili spiegazioni delle politiche di scelta adottate.
La DNF, per le società rientranti nel perimetro, deve essere contenuta nella Relazione sulla Gestione o, in alternativa, costituire una relazione distinta, pubblicata congiuntamente alla Relazione sulla Gestione e pubblicata annualmente sul Registro delle Imprese, seguendo le stesse scadenze previste per il Bilancio d’esercizio o per il Bilancio consolidato.
Inoltre, il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale del bilancio, è chiamato a verificare anche l'avvenuta predisposizione della dichiarazione di carattere non finanziario, esprimendo un giudizio circa la conformità delle informazioni fornite rispetto a quanto richiesto dal Decreto e rispetto ai principi, alle metodologie e alle modalità adottate.
Il Futuro della Normativa e della Rendicontazione di Sostenibilità in Europa
Con l'obiettivo di aumentare la trasparenza sulle tematiche legate alla sostenibilità, il 21 aprile 2021, la Commissione europea ha pubblicato una nuova proposta di direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale, ovvero la Corporate Sustainability Reporting Directive - (CSRD), che amplierà il perimetro dei soggetti obbligati alla disclosure, rispetto la DNF.
A partire dall’anno fiscale 2023, infatti, saranno circa 50.000 le imprese europee tenute a redigere report non finanziari di sostenibilità, rispetto alle attuali 11.000 aziende a livello europeo, di cui circa 200 operano in Italia.
Altra novità della normativa in vigore dal prossimo anno è l’introduzione del concetto di “doppia materialità” considerato in ottica dinamica e prospettica nel tempo.
Conseguentemente a questa nuova impostazione, l’analisi dei temi rilevanti a livello materiale per gli stakeholder, che sono inseriti in maniera statica nella DNF attraverso la “matrice di materialità”, nella CSRD saranno da considerarsi in duplice direzione per indagare le tematiche ESG attinenti, ovvero: come le prassi ESG influenzano le prestazioni finanziarie dell’azienda (dimensione outside-in) e quali sono gli effetti che l’azienda provoca sul territorio e sugli stakeholder coinvolti (dimensione inside-out).
Infine, con l’introduzione dell’ottica dinamica di materialità, si cerca di predisporre un sistema di ascolto degli stakeholder che sia continuo e assiduo nel tempo, portando ad intercettare in maniera proattiva i macro trend del contesto settoriale, consentendo così di anticipare eventuali rischi ESG, per trasformarli tempestivamente in opportunità, supportando in modo fattivo l’affermarsi del paradigma di transizione verso un’economia sostenibile.